ALLENAMENTI E CALDO TORRIDO

Allenarsi d’estate con il clima torrido non è sicuramente facile, anche perché spesso i media riempiono gli appassionati di notizie e consigli eccessivamente prudenti spaventando Atleti che di certo non sono Anziani e bambini..
Ogni anno i consigli si ripetono costantemente: evitare di allenarsi sotto al sole nelle ore più calde, bere molto, vestire capi leggeri, etc..
Tutte queste indicazioni sono sicuramente giuste, ma cerchiamo di capire cosa avviene nell’organismo quando facciamo attività fisica a temperature ambientali elevate e come il fisico si adatta ai cambiamenti climatici.

La temperatura corporea
L’organismo umano per mantenere le proprie funzioni fisiologiche deve mantenere la propria temperatura interna a 37° circa. Quando si fa attività fisica la maggior parte dell’energia viene trasformata in calore portando tale temperatura a circa 39°-40°.
L’innalzamento della temperatura corporea porta benefici alla prestazione fisica, in quanto il muscolo ottimizza le proprie caratteristiche visco-elastiche grazie all’aumento della viscosità dei tessuti, al miglioramento dell’elasticità dei tendini, all’aumento della velocità di conduzione nervosa e alla modificazione dell’attività enzimatica.
Oltre i 40° però l’organismo perde la capacità di regolare il calore interno ed il sistema nervoso inizia a lavorare con maggiore difficoltà.

Termoregolazione
L’organismo umano presenta due “sensori” che controllano la temperatura corporea. ghiaccio e cane
Il primo è periferico ed è costituito dai termocettori presenti nella cute, mentre il secondo è centrale ed formato dall’ipotalamo.
L’ipotalamo ha la funzione di rilevare la temperatura del sangue che lo irrora e decide come reagire alle variazioni di temperatura in 4 modi:
1 Sudorazione grazie all’intervento delle ghiandole sudoripare
2 Vasodilatazione delle arterie cutanee per mezzo della loro muscolatura liscia (col freddo avviene l’opposto)
3 Contrazione dei muscoli e brividi (questo solo in caso di freddo, per alzare la T°)
4 Stimolazione di ghiandole endocrine, che in caso di perdita di liquidi evitano la perdita di elettroliti e sali minerali (aldosterone) e richiamano H2O dai reni (ADH). In caso di freddo vengono stimolate tiroxina e catecolamine.
Come fa il corpo a scaldarsi e a disperdere il calore accumulato?
Quando il corpo raggiunge temperature interne superiori ai 40°, queste vengono trasportate dalla cute all’intero oganismo tramite la circolazione sanguigna e mediante 4 fenomeni:
1 Conduzione, passaggio mediante contatto diretto (molecolare)
2 Convezione, trasferimento di calore mediante un gas o un liquido (uno dei motivi per i quali a correre sul tapis-roulant si suda di più che correre all’aperto, in quanto sul tappeto l’aria circostante viene scaldata dal vostro calore e scalda ulteriormente il vostro corpo, mentre all’aperto muovendovi la resistenza dell’aria vi “raffredda”)
3 Irraggiamento, la cute irradia calore attraverso raggi infrarossi, un sistema per eliminare oltre il 50% del calore quando si trova a riposo;
4 Evaporazione, circa l’80% del calore viene disperso grazie a questo fenomeno, quando si fa attività fisica. Questo meccanismo avviene sia attraverso l’espirazione che attraverso la traspirazione (ovvero l’evaporazione del sudore prodotto)

Disidratazione
L’acqua che il nostro organismo perde arriva dal plasma (la parte liquida del sangue) e la sua diminuzione fa aumentare la densità della parte corpuscolata (globuli rossi, bianchi e piastrine) ed aumenta la sua viscosità facendo più fatica a circolare e quindi a trasportare l’ossigeno, che sotto sforzo (attività fisica) è richiesto maggiormente.
La disidratazione porta anche alla perdita di elettroliti (sodio, cloro, potassio ed altri), che sono importanti per la conduzione nervosa e per la contrazione muscolare. Così quando si suda molto, la perdita eccessiva di elettroliti rallenta il funzionamento del sistema nervoso e peggiora la contrazione, rendendo i muscoli più soggetti a crampi.

Caldo e prestazione
La disidratazione, per i meccanismi spiegati sopra, diminuisce le prestazioni dell’organismo. Per questo è molto importante utilizzare le giuste strategie per mantenere ottimale l’idratazione corporea (sia prima che durante l’attività fisica), di questo ne parleremo nel prossimo paragrafo.
La termoregolazione costa energie all’organismo: un litro di sudore comporta la perdita di 580 kcal, dovuta principalmente a questo meccanismo. Questo porta ad una leggera diminuzione della prestazione a temperature elevate.Luca Borraccia
I problemi maggiori dell’allenarsi d’estate solitamente si hanno quando le temperature iniziano ad aumentare (e lo stesso avviene d’inverno quando inizia il freddo) e quando l’organismo non è abituato a gestire al meglio la propria termoregolazione. Secondo il fisiologo Tim Noakes servono circa 2 settimane per permettere al corpo di adattarsi agli incrementi o ai decrementi di temperatura. Per questo i primi giorni di caldo molto intenso possono rivelarsi, per molti, “una vera sofferenza”. Nei giorni successivi, grazie all’adattamento dell’organismo che diventa più efficiente nella termoregolazione, le sensazioni ed anche le prestazioni migliorano.
Per questo, nelle prime settimane di aumento delle temperature, può essere sensato ridurre leggermente l’intensità ed i volumi delle sedute di allenamento.

Caldo ed abbigliamento sportivo
Capita spesso di vedere, d’estate, alteti che si allenano a torso nudo (o col top per le donne). Questa sembra non essere la scelta migliore, in quanto quando si fa l’attività fisica a torso nudo aumentano l’evaporazione e la dispersione di calore.
Per queste ragioni è consigliabile utilizzare un abbigliamento leggero, costituito da una canottiera o una maglietta (e ovviamente i pantaloncini..), che non facciano sudare eccessivamente e che allo stesso tempo trattengano parzialmente il sudore evitando così un’eccessiva perdita di liquidi.

Idratazione e reidratazione
Per evitare i problemi e gli inconvenienti letti sopra, dovuti principalmente alla disidratazione dell’organismo, la strategia più intelligente ed ottimale sembra essere quella della sua prevenzione. Per fare questo conviene seguire queste regole generali:
Durante la giornata assumete liquidi prima di tutto dal cibo, dalla frutta e dalla verdura. Il loro contenuto di vitamine, minerali e fibre permetterà un più ottimale assorbimento di H2O, mantenendola nell’organismo più a lungo e più facilmente. Abituarsi a bere spesso piccoli quantitativi di acqua (H2O) durante il giorno, tenendo presente che il senso di sete si allena: meno bevete e meno percepirete il bisogno di farlo.
Prima dell’allenamento o della gara: per garantire l’idratazione ottimale al momento dello sforzo, bevete circa 1/2 litro di acqua entro 30′ prima di iniziare. Evitare di ingerire eccessivi quantitativi di H2O nei 30′ precedenti allo sforzo, in quanto può stimolare la diuresi e l’eliminazione di liquidi.
Durante l’esercizio: sorseggiate ogni 10’/15′ anche senza avere sete, in quanto lo stimolo della sete indica già la mancanza di liquidi. Evitare però di ingerire grandi quantità di acqua per evitare i problemi conseguenti all’aumento di tempo necessario allo svuotamento gastrico che rende meno efficace l’idratazione.
Se l’attività dura meno di 60′ non pensate troppo alla perdita di elettroliti e evitate di introdurre bevande ipertoniche che peggiorerebbero la prestazione
Da ricordare che anche un eccesso di H2O, come per tutte le cose, fa male. Sembra che il massimo di acqua che si può ingerire in una giornata è di 9,5 litri, in quanto superata tale soglia possono esserci problemi anche seri per la salute dovuti ad iponatremia (elevata alterazione degli elettroliti nei fluidi corporei). Famoso il caso dell’atleta morta, per encefalopatia iponatriemica, durante la maratona di Boston per avere bevuto 15 litri di bevande nelle 5-6 ore della sua gara.

Conclusioni
Allenarsi d’estate è meno pericoloso di quello che si sente dire spesso dai media, infatti il nostro organismo è perfettamente organizzato per contrastare l’eccessivo aumento di temperatura del corpo. Per evitare brutti inconvenienti e gestire al meglio i possibili cali di prestazione, in condizioni di caldo estremo, seguite queste regole:
Nelle giornate più torride evitate di allenarvi nelle ore più calde della giornata preferendo, la mattina presto o la sera dopo le 18. Preferire zone all’ombra.
Indossate un abbigliamento leggero, evitando il torso nudo;
Nelle prime settimane di caldo diminuite leggermente intensità e volumi d’allenamento;
Idratatevi in maniera ottimale durante la giornata (mangiare frutta e verdura)
Bevete una modesta quantità di H2O entro 45′-30′ prima;
Sorseggiate ogni 15′ circa, anche se non avete sete;
Se la vostra attività dura meno di un’ora non bevete bevande ipertoniche;
Non eccedete nella quantità di acqua bevuta, ma sorseggiate piccole quantità di H2O per non riempire eccessivamente lo stomaco.

Luca Riceputi

IL PADRE DEL CONCETTO CRANIO-SACRALE

“La regola dell’arteria è assoluta, ma il liquido cefalorachidiano comanda” W.G.Sutherland D.O. Originario del Midwest americano, William Sutherland (1873-1954) inizia la sua carriera come apprendista in una tipografia, diventando giornalista. E’ come giornalista che sente parlare di Osteopatia nell’anno 1897. Sutherland[1]Ciò che sente sembra così contraddittorio che decide di andare al college in Kirksville per appurare in prima persona. E’ talmente impressionato da ciò che vede – il numero di pazienti provenienti da ogni parte e la qualità delle cure e dei risultati, che decise di diventare un osteopata. Inizia la sua formazione nel 1898 e si laurea nel 1900 all’ ASO, distinguendosi come uno degli studenti più brillanti del Dott. A.T. Still. William Garner Sutherland: la scoperta del concetto craniale. Già durante il corso dei suoi studi il Dr. Sutherland ha le prime intuizioni sulla mobilità delle ossa del cranio:osservando la conformazione delle ossa temporali, ha la sensazione di intravvedere le branchie del pesce, e questo gli fa pensare a possibili movimenti “respiratori” da parte del cranio. Questa intuizione, da lui definita “la folle idea”, all’inizio fu difficile anche per lui da accettare e per una decina d’anni cercò di non pensarci. “Ma come disse bene Lionelle Issartel: “l’idea malsana ritornava ad ossessionarlo e decise, per mettersi l’anima in pace, di mettere alla prova ciò che gli avevano insegnato, cioè che a parte la mandibola, tutte le ossa del cranio sono statiche”.² (…) “Fu allora che G. Sutherland iniziò con la punta di temperino a disarticolare i crani, e il suo approccio paziente, meticoloso, approfondito, si rivelò di notevole importanza. Sutherland stupefatto, fu capace di dimostrare la mobilità delle ossa del cranio, e con un manuale di meccanica in mano, iniziò ad analizzare precisamente ogni osso, ogni superficie, ogni sutura e incastro tra le ossa”.” Da www.tuttosteopatia.it Si dedicherà per più di venti anni allo studio approfondito dell’anatomia del cranio per determinare la verità della sua intuizione, cercando anche su se stesso prove dell’efficacia della sua teoria della mobilità e malleabilità del cranio, una mobilità non legata a movimenti muscolari, ma ad una forza intrinseca delle strutture: il meccanismo respiratorio primario (MRP). Per fare questo il Dr Sutherland cominciò un periodo di ricerca che necessitava la creazione di lesioni su se stesso. Aveva necessità di osservare gli effetti della restrizione del meccanismo respiratorio primario. Sperimentò diversi modi per creare lesioni con l’utilizzo di caschi, cinte, guanti…certi risultati furono impressionanti con cambiamenti della personalità ed altri lo portarono ad ammalarsi realmente. Per due volte fu solo grazie all’intervento della moglie Adah Strand, che slacciò le cinghie che gli bloccavWilliam%20Garner%20Sutherland[1]ano il cranio, che Sutherland non morì. Per diversi anni, studiò su se stesso gli effetti delle lesioni di ogni osso del cranio e della faccia, fino a quando si rese conto che poteva trattare i propri pazienti senza alcun rischio per loro. I risultati ottenuti furono spettacolari. Tutte le sue esperienze convalidarono l’esattezza delle sue idee: “Le ossa craniche sono concepite per una mobilità e per l’accomodazione al movimento respiratorio del cervello e del midollo spinale.” Gli fu quindi possibile dire che il meccanismo craniosacrale era animato dall’interno, da una respirazione cellulare che comportava una fluttuazione dei liquidi (“soffio di vita”), diffusa da un sistema di membrane a tensione reciproca. Questa forza motrice interiore secondo Sutherland penetrava tutti i tessuti e tutti gli organi imponendo loro la propria ritmicità o meccanismo respiratorio primario (MRP). Secondo Sutherland era molto più utile sfruttare la potenza e forza interna di una struttura, di un corpo, piuttosto che applicare forze dall’esterno, che possono essere “cieche”, rispetto all’intelligenza interiore di un sistema. Nel 1939, fu pronto a dimostrare le sue teorie e pubblicò, in seguito a numerosi altri articoli, “The cranial bowl” (La sfera craniale), in cui presentò il risultato delle sue teorie, secondo una visione meccanicista. Fu molto contestato, e trattato da eretico per avere stabilito il movimento ritmico del corpo e la capacità di mobilita articolare delle ossa del cranio. Il libro non ebbe successo tra i professionisti del suo tempo. Solo dopo qualche anno, il lavoro di Sutherland riceve riconoscimenti ufficiali e nel 1946 fu creata la prima società d’osteopatia cranica, o Cranial Academy. Nel 1953 nacquela Sutherland Cranial Teaching Foundation che si propone come obiettivo di condurre studi scientifici sul meccanismo respiratorio primario. Sutherland morì il 23 settembre 1954, all’età di 84 anni, lasciando un contributo inestimabile nell’ambito osteopatico e della ricerca in genere.

D.O.M.R.O.I  Scano Simone