Per rispondere a questa domanda dobbiamo prima conoscere e analizzare la sua definizione ufficiale fornita dal IFOMPT (International federation of Orthopaedic Manipulative Physical Therapist):

“La Terapia Manuale Ortopedica (OMT) è una specializzazione della fisioterapia per il trattamento delle patologie neuro-muscolo-scheletriche, basata sul ragionamento clinico, che utilizza approcci di trattamento altamente specifici, i quali includono le tecniche manuali e gli esercizi terapeutici, ed è guidata dalle prove di efficacia cliniche scientifiche disponibili e dalla struttura biopsicosociale di ogni singolo paziente”.

Possiamo considerare il ragionamento clinico come il processo cognitivo che porta a prendere decisioni cliniche. Per questo realizziamo una raccolta di dati in cui ogni domanda e/o azione viene realizzata con con un obbiettivo. Questo ci porterà a generare una serie di ipotesi che, continuando con il processo, andremo confutando fino a definire e realizzare un intervento efficace per ogni paziente. Si tratta di un modello aperto, per il quale è importante sviluppare certe competenze, come una mentalità aperta e flessibile alla ricezione dell’informazione, un approccio costruttivo ed innovativo per analizzare le informazioni e soprattutto essere disciplinati, metodici e logici nel momento di raccogliere l’informazione.

È molto utile conoscere il concetto di “brick wall” in cui concettualmente un muro di mattoni semipermeabile (che consente il passaggio di informazioni da un lato all’altro) separa il lato teorico e quello clinico. Durante il processo di valutazione e trattamento del paziente prenderemo in considerazione entrambi i lati del muro per generare le ipotesi, diventando sempre più importante il lato clinico, specialmente al momento dell’intervento terapeutico. Il lato teorico del muro influenza naturalmente il processo, ma non è quello che lo dirige (questo sarà fondamentale al momento di definire precauzioni, controindicazioni, decidere lo sviluppo del trattamento e stabilire una prognosi). L’idea del muro di mattoni fa parte del concetto Maitland, ma anche altre metodologie di terapia manuale come Mulligan o Mckenzie sono ugualmente basate sulla risposta del paziente alla valutazione realizzata e non solo alla diagnosi.

Le tecniche manuali consistono in una grande serie di interventi passivi dove il fisioterapista utilizza le sue mani per gestire movimenti precisi volti a modulare il dolore, aumentare la gamma di movimenti articolari, ridurre o eliminare l’edema del tessuto connettivo, indurre il rilassamento, migliorare l’estensibilità del tessuto contrattile e non contrattile e migliorare la funzionalità polmonare. Questi interventi implicano variabilità nelle tecniche e nei gradi di applicazione delle forze.

Tuttavia, va osservato che la terapia manuale (TM) non è applicabile a tutti. Esistono una serie di controindicazioni da tenere presenti, tra cui alcune assolute come neoplasie, cauda equina, fratture e disturbi psicologici gravi o alcune relative come osteoporosi, danni neurologici e l’uso prolungato di corticosteroidi.

Ci sono tre modi per poter dire che la terapia manuale è efficace, tenendo conto dei suoi effetti biomeccanici, neurofisiologici e neuropsicologici.

Quando parliamo di cambiamenti biomeccanici ci riferiamo a quelli che causano un miglioramento nella limitazione della mobilità. Possiamo anche osservare cambiamenti nella gamma di movimento delle articolazioni.

Contiamo inoltre su un altro meccanismo di azione per il miglioramento del paziente quando si applica la Terapia Manuale: gli effetti neurofisiologici. Tra questi effetti il più importante è l’ipoalgesia locale (diminuzione della sensibilità al dolore) ma anche l’azione sul Sistema nervoso simpatico e parasimpatico (cambiamenti nel sistema nervoso simpatico: flusso sanguigno, temperatura, sudorazione …), la diminuzione della percezione del dolore nel sistema nervoso centrale a fronte di uno stimolo doloroso ripetuto, il cambiamento nei mediatori infiammatori periferici, e il miglioramento dell’esperienza dolorosa in diverse aree del SNC.

In fine, ci sono i cambiamenti neuropsicologici: miglioramenti dello stato emotivo conseguenti alla riduzione dei sintomi e la variazione positiva delle aspettative del paziente.

La terapia manuale, per essere efficace, necessita dell’esercizio terapeutico. L’obiettivo principale è quello di mantenere e addirittura aumentare i benefici ottenuti con la Terapia Manuale durante il trattamento. Questi programmi di esercizio devono essere specifici, personalizzati e mirati a facilitare il movimento e ridurre o centralizzare i sintomi. Sono di tipi differenti, e tra questi troviamo automobilizzazioni articolari (che cercano di riprodurre ciò che il fisioterapista fa nella pratica clinica), esercizi di forza (con i loro diversi tipi) o i classici esercizi per lo stiramento dei muscoli.

Le prove scientifiche sono essenziali per capire cosa sia la fisioterapia contemporanea. Una buona definizione per questo concetto è: “informazioni provenienti dalla ricerca che devono essere trasformate dallo studio alla pratica clinica”. Pertanto, quando si applicano tecniche di fisioterapia (o di altri settori sanitari), queste non solo devono essere applicabili nel nostro paziente (ancora una volta dobbiamo determinare chi è un candidato per ciascuna di esse) ma devono avere una comprovata efficacia. Cerchiamo con una tecnica un effetto, e sapere cosa facciamo e perché lo facciamo. Questa prova scientifica deve essere combinata con la prova e l’esperienza clinica, per sviluppare un buon processo di ragionamento clinico e un intervento efficace sui nostri pazienti.

Per terminare l’analisi di questa definizione sulla terapia manuale dobbiamo prestare attenzione al quadro biopsicosociale. I fattori psicosociali coinvolgono sia aspetti sociali che comportamenti psicologici. Questi sono i principali da considerare per essere più efficaci nel nostro intervento:

  • Autostima, intesa come la fiducia in sé stessi di fronte a un comportamento concreto e al superare le barriere di quel comportamento. Ha grande influenza come mediatore nell’intensità del dolore, in risposta alla disabilità e / o alla paura.

  • Capacità di adattamento. È la capacità di adattarsi o di affrontare cambiamenti o sfide con sé stessi, il modo di interagire con gli altri e con il contesto.

  • Depressione.

  • Percezione del dolore: descrizione del dolore da parte del paziente. Per questo si utilizzano scale come la VAS (scala visuo-analogica del dolore).

  • Catastrofismo. Sovrastimazione degli aspetti negativi o delle conseguenze di un’esperienza. Di solito è legata nei pazienti all’intensità del dolore, alla disabilità a causa del dolore e dello stress psicosociale.